rassegna stampa

Concerti

Festival Internazionale di Portogruaro
Gesualdo: L’avida sete
Da ricordare, tra i momenti più alti del Festival, la giornata dedicata a Carlo Gesualdo, con il film di Werner Herzog e la raffinata performance di Sandro Cappelletto con il commovente ensemble De labyrintho.
Quirino Principe – Il Sole 24 Ore

Stagione dell’Unione Musicale Torino
Josquin: Sublime ingegno
Gli eccezionali cantori di De labyrintho, diretti da Walter Testolin, sembrano fare questo: partecipare a uno dei loro concerti è simile allo svelarsi di un enigma. La polifonia rinascimentale mantiene la sua misteriosa bellezza ma si libera dell’aroma esoterico che intimidisce molti ascoltatori, illuminandosi di emozione e di umana religiosità.
A.T. – Sistema Musica – Torino

Josquin & the Sublime Festival Symposium, Middelburg – NL
Josquin: Sublime ingegno
L’ultimo concerto, tenuto nella fiabesca località di Veere, ha visto il definitivo trionfo di Josquin con l’ensemble De labyrintho, forse attualmente la miglior formazione al mondo in grado di estrarre dalle note di Josquin Desprez quella musica così sublime, pregannte e intimamente umanista che lo fecero paragonare a Raffaello e Michelangelo
Carlo Fiore – Classic Voice

Stresa Festival
Josquin, Ockeghem, Dufay, Brumel, Compère: Virtute & canoscenza
Guidato dalla sapienza di Walter Testolin, allo Stresa Festival De labyrintho ha proposto un programma dal titolo eloquente: Virtute & canoscenza. […] Un programma interamente rivolto ai cosiddetti “oltremontani”, quei fiamminghi che per tutto il Quattrocento viaggiano per le corti d’Europa allietando con la loro arte raffinatissima, orecchie e menti pronte a coglierne le sottigliezze compositive. La polifonia è naturalmente il campo privilegiato per l’esercizio della tecnica contrappuntistica. Arte complessa che raggiunge livelli altissimi di cerebralismi. Un non facile lavoro per chi decida di interpretare queste musiche. De labyrintho riesce magnificamente a rendere la mole della struttura sonora con una trasparenza ed un equilibrio che sono il frutto di una immedesimazione necessaria. I timbri perfettamente uniti disegnano con fluidità leggera e accurata le armonie colorate e a tratti così ricche di pathos dei molti mottetti mariani, filo conduttore del programma. Le loro voci esperte sanno dare colore ed espressività intensa alle parole tratte dalle Sacre Scrittura con accorgimenti sfumati e lievissimi di drammaticità, cioè di penetrazione del testo in senso emozionale, come poche volte si sente nelle esecuzioni di questo repertorio.
L’impegno di De labyrintho si incarna in una eloquenza armoniosa che ricambia la perfetta coerenza delle partiture. Parità e diversificazione delle linee si fondono in un equilibrio di sfumature e di colori pur nella diversità do timbri e di registri vocali. Un altissimo piacere che deriva dalla minuta cesellatura dei particolari espressivi del testo e del suono.
Laura Bigi – Il corriere Musicale

Sagra Musicale Malatestiana Rimini
Lasso: Prophetiae Sibyllarum
Non è musica per tutti quella cantata dall’ensemble De labyrintho di Walter Testolin. Si rivolge all’élite culturale del Rinascimento capace di penetrarne i significati esoterici. Infatti i suoni che giungono all’orecchio non sono che una parte – nemmeno la più rilevante – di quanto sta insabbiato nel pentagramma, e riflette suggestioni astrologiche, alchemiche, cabalistiche, sovrapponendo con disinvoltura misticismo cristiano e paganesimo. Come nelle Prophetiae Sibyllarum, cuore del concerto di Rimini. […] E le otto voci di De labyrintho restituiscono ogni pagina con opulenza espressiva e partecipazione, anche mimica.
Gregorio Moppi – La Repubblica

Festival Recontres – Sintra – P
Marcantonio Ingegneri: Threnos
Josquin Desprez: Gaudeamus, Il suono della Grazia
Para a interpretaçãodas Lamentações de Jeremias de Ingegneri, De labyrintho recorreu a um quarteto vocal masculino, privilegiando assim a inteligibilidade do texto e da textura polifonia, princípios de clareza inerentes ao discurso musical de um compositor que, não obstante o seu rigor contrapuntistico e equilíbrio na relação texto-musica, deixa vislumbrar tendências manieristas e uma certa audácia no tratamento expressivo das palavras. A plasticidade da enunciação das características letras di alfabeto hebraico quem abrem cada Lamentação, e a polifonia das restantes secções oferece igualmente nítidos contrastes, bem delineados pela interpretação eloquente de cantores que apresentam uma forte individualidade, mas que conseguem combinar as suas vozes num todo orgânico de grande riqueza timbrica.
Também na formaçao maior que interpretou as obras de Josquin sábado, se manteve o jogo entre diversidade e unidade. Em contraste com a imaginem etérea, estática e uniforme que no passado se associava a boa parte dos grupos que interpretavam polifonia renascentista, De labyrintho explorao relevo, o colorido e a sensualidade sonora emergente das, frequentemente complexas, textura polifonica, sem deixar por isso de lhe conferir a necesaria luminosidade e dimensião celestial. A exuberante Missa Gaudeamus, bem como os notàveis motetes Vultuum deprecabuntur, Alme redemptoris mater e Virgo salutiferi, contaram com a solida tecnica, experiencia e profundo conhecimiento deste repertorio do agrupamento De labyrintho, cuja carriera tem sido marcada per repetidos exitos e distinções no ambito da musica dos seculos XXV e XVI.
Cristina Fernandes – Público

Festival Fondazione Pietà dei Turchini, Napoli
Dentice: Lamentationes Hieremiae prophetae
Una serata stupenda ha preso vita ieri sera grazie a un formidabile concerto eseguito con una grazia e una passione unica da parte del bellissimo ensemble De labyrintho diretto da Walter Testolin. Musiche in prima assoluta dopo più quattrocento anni hanno preso vita nella magica cornice della chiesa. Il pubblico sol out ha partecipato rapito e assorto a questa esperienza davvero unica. Dentice e Gesualdo, autori di bellezza infinita si sono succeduti in questo concerto spettacolare per bellezza e qualità. Tantissimi applausi finali, meritatissimi da questi ottimi artisti, ripagati con il bis finale dello Stabat Mater a dieci voci di Domenico Scarlatti, un vero omaggio al pubblico e alla città di Napoli.
Massimiliano Cerrito – Blog Domenicoscarlattiüberalles

Festival del Quartetto – Vicenza
Claudio Monteverdi: Per l’immortal sentiero
Vicenza che l’ama, il Monteverdi. Tra cori e Vespri e Orfei.Claudio Giovanni Antonio che si potrebbe pellegrinare ai Frari giù in Laguna per camminare in devozione le campagne rimaste con gli strosi e i canali e le brentane. Vicenza che il Natale e la sua furia sta lontano ancora di Presepi soppressi nelle scuole o nelle case sfitte di città. Nelle chiese, lasciato il latino dalle imprudenze conciliari, si canterà l’inglese. Vicenza e il Comunale, quel buco nero insonoro che al riverbero di armonici dà disdoro. Ma c’è, con la luna che si cala, il Monteverdi “Per l’Immortal Sentiero”. Che saria bastante il cominciar con “Hor che ‘l ciel et la terra e ‘l vento tace”. Così disteso e placido e sereno che si potrebbe andare oltre e lasciare che lo stordimento prenda l’anima confusa in vibrazioni ai sensi. Che meglio no non si può dire e fare “e sonar per lo cantare”. Di Walter e le sue grandi mani ai gesti mai confusi. Che lucido e sapiente il Testolin-glin-glin di Madrigali, le Danze, i Balli, le Arie, le assonanze di Petrarca e Rinuccini poi Marino con Guarini. Venti più uno fa ventuno e ventidue con il direttore da seduto, ma in piedi ai tempi accesi. E basterebbe ancora lo stupefacente “Ardo, avvampo, mi struggo, ardo: accorrete vicini, amici all’infiammato loco”, in travolgente andare: quante voci? Ma gl’istromenti: violini due per l’esili fanciulle; flauti soprani a becco due nel cinguettare; il pizzicare in arciliuto e tiorba, viola da brazzo e poi da gamba e vago quel lirone basso; poi l’organo rotondo che pare un fagottare o un corno a morbidezza; e il cembalo preciso in discrezioni. Le cinque voci d’huomini mai strazianti ma corali e soli con fioriture sapienti d’eleganza; le quattro Belle a voce chiara fasciate in abiti d’ornata fantasia. Ventuno prodigiosi, il numero che toccava il tormento di Strauss nel Partenkirchen che per le Metamorfosi della Disperazione e dei singhiozzi ne ha solistizzato ventitre: il sacro numero del Libro da Bavaria.Teatro quasi pieno mercoledì pel Quartetto coraggioso: Anno Sociale Centoeotto. Entriamo nell’Associazione, su, partecipiamo da sapienti e generosi, lasciando le dispute Primarie al nulla delle vanità che stravolgono la Storia mentre Van Gogh richiama in Basilica gente dal mondo che si sta in fila trepidando la pazienza e l’emozione. Walter Testolin conduce il Rossoporpora alle mirabili cadenze. Mai un’incertezza: precede ogni movenza d’archi o pizzichi o tastiere o sigolar in flauti. Gesti armoniosi, tocchi amorosi per la massima espressione. Quei rallentati naturali e “l’aria sospesa” prima della chiusa. Pochi lo fanno nel gelo ispirato male dal computer. Ma forse non lo sanno che la musica è passione già dai misticismi gregoriani ormai defunti. De labyrintho. E diciamoli tutti, i nomi dei Magnifici: Nadia Caristi, Alena Dantcheva, Arianna Miceli, Lucia Napoli. Poi Andrés Montilla-Acurero, Massimo Altieri, Gianluca Ferrarini, Matteo Bellotto, Guglielmo Buonsanti. E gli strumenti, undici nell’incanto di una perfezione che Testolin ha donato alla Vicenza che l’ama, il Monteverdi.
Bepi De Marzi – Il Giornale di Vicenza

Josquin Desprez – Missa Hercules dux Ferrariae  

A striking début for a young Italian ensemble that places the bar very high.
(…) This new one, my first encounter with De labyrintho and his director, Walter Testolin, yields little to the Hilliards; in fact De labyrintho’s performance has a rythmic fluidity that contrasts admirably with the English group’s rugged emphasis on the tactus. Given the Mass’ s inflexibly four-square construction, that flexibility is most welcome. This ensemble is one to watch out for; its blend is full and focused, yet softly rounded.
Fabrice Fitch – The Gramophone Critics’ Choice 2004

Una serie eccezionale di lavori di uno dei più grandi compositori del Rinascimento europeo, interpretata in maniera altrettanto eccezionale, con una dizione ritmico-testuale estremamente curate ed una raffinatissima cura delle sonorità d’insieme da parte di musicisti che, lo si percepisce chiaramente all’ascolto, amano e conoscono profondamente questo repertorio. Vorrei inoltre aggiungere con una punta di malcelata fierezza che, finalmente, abbiamo una interpretazione josquiniana di riferimento da parte di musicisti italiani. […] In ciascuno dei brani interpretati i nostri artisti (ché qui effettivamente di artisti nel senso più profondo del termine si tratta) riescono tutti e in maniera individuale a far rifulgere ancora di più la sostanza già di per sé luminosa dell’arte incomparabile di Josquin.
Carlo Bosi – CD Classics 10 CD CLASSICS

In nessun altra interpretazione del Miserere (e le alternative sono ormai una dozzina) si riescono a cogliere con tanta naturalezza, insieme alla vertiginosa trama di tessiture e i nessi sintattici della giaculatoria estense, gli affetti mistici di questa musica.
Carlo Fiore – Classic Voice – Disco del mese

Rigore strutturale e libertà, inventiva di cifra metafisica in una intensa, stellare interpretazione.
Nicoletta Sguben – Amadeus 5 Stelle

Josquin rivendica alle voci che cantano sensibilità, sensualità e una forma di comprensibilità diversa, meno legata al dettato letterale delle parole, più visionaria. […] I cantori “labirintici” possiedono, soprattutto nel registro di soprano, un’acuta, dolce trasparenza, intendono questa musica soprattutto come una lode, estatica, quasi flebile.
Sandro Cappelletto – La Stampa

Josquin Desprez – Circumdederunt me

Musica sublime che gli interpreti di De labyrintho hanno il bene di assaporare come pura armonia. Armonia che entra nelle pieghe più ardue della polifonia, dei dotti rimandi fra testo e musica, facendoci avvertire quella dimensione come perfetta, quasi catartica. L’interpretazione nasce in opposizione ai frenetici, ottusi, assordanti ritmi di vita odierna, da una proposta che ha il coraggio di attendere la risposta acustica dell’ambiente: che sa ascoltare il respiro di un ‘eremo inerpicato fra aspre montagne, dove regna il silenzio: una dimensione dimenticata da cui scaturisce una delle più rapinose interpretazioni di musica sacra degli ultimi anni.
Nicoletta Sguben – Amadeus, – A – Migliore del Mese – Finalista Premio Amadeus Disco dell’Anno 2005

O disco do grupo vocal De labyrintho é uma bela homenagem ao gènio de Josquin Desprez, quer pela selacção inteligente de algumas das sus obras-primas, quer pela magia da interpretecão. Para esta contibuì a perfeição técnica, a coesão e beleza timbrica das vozes, a subtileza das frases, da articulação do texto e da construção da textura polifonica. Um dos mais belos discos de polifonia dos ùltimos tempos!
Cristina Fernandes – Público

Affascinante lettura proposta dall’ensemble De labyrintho, impreziosita dalla squisita perizia degli esecutori e dalla concertazione di Walter Testolin. Davvero un bel disco, che riserverà ricchissime sorprese a chi riuscirà a calarsi nell’atmosfera di una grande cultura scomparsa più di cinquecento anni fa.
Bruno Re – Musica e Dischi

Alla guida dell’ensemble De labyrintho, Walter Testolin rilegge le opere del compositore fiammingo alla luce di un cammino spirituale di fede e ascesi, di dolore e di passione, mirabilmente testimoniato dal passo liturgico della sublime Missa “Pange lingua” e da intensi mottetti di carattere penitenziale.
Andrea Milanesi – Avvenire, Le voci dell’Infinito

De labyrintho presenta uno Josquin dal suono mediterraneo, restituendo un’opera magnifica con un approccio scientifico e appassionato.
Musica

Josquin Desprez – Musica Symbolica

Splendido programma discografico incardinato sulle affascinanti componenti numerologiche ed ermetiche nei lavori di Josquin Desprez. Ascoltiamo la Missa Gaudeamus e una superba serie di mottetti mariani in cui trovano memorabile congiunzione scienza e slancio poetico. Colpisce l’importante maturazione interpretativa di cui è stato protagonista De labyrintho, ensemble capace di realizzare in un arco di tempo relativamente breve tre eccellenti registrazioni dedicate a Josquin. Non si tratta solo di una particolare sintonia con la musica del piccardo, quanto soprattutto di una capacità di gestire le questioni tecniche ed espressive che in questi termini raramente si riscontra in gruppi che si dedicano al repertorio sacro rinascimentale. L’intensità, l’ispirazione, la toccante partecipazione, la chiarezza cristallina, la seduzione di alcuni passaggi, il fulgore di altri, i momenti rarefatti, quelli dove invece si assapora quasi il voluto persistere di certe sonorità di evocazione medievale (e si tratta di una vera raffinatezza) fanno di questo cd un titolo di riferimento.
Massimo Rolando Zegna – Amadeus – A – Migliore del Mese, aprile 2006

È sorprendentemente benvenuto il secondo disco dell’ensemble De labyrintho. I cantori diretti da Walter Testolin stanno alla pari coi più famosi ensemble polifonici e, secondo noi, hanno anche il pregio di leggere il contrappunto di Josquin non come uno fra i tanti del repertorio rinascimentale, ma con un approfondimento di stile personale che li pone con prepotenza ai vertici della discografia.
Carlo Fiore – Classic Voice

Leur voix fraîches combinent une douceur et une pureté presque sans defaut à une évident chaleur humaine: Les sopranos Nadia Caristi et Laura Fabris sont tout simplement sublimes: Il est difficile d’imaginer une meilleure interprétation de la Missa Gaudeamus.
Cristopher Price – Goldberg

When this disc by De labyrintho of Josquin’s radiant “Missa Gaudeamus” was released in early 2006, there was only one other recording available: a 1997 recording by A Sei Voci. For listeners who had not already heard the earlier disc, the choice was tough. Both discs were astoundingly beautifully recorded, albeit in totally different ways: De Labyrintho’s Stradivarius sound was clear and clean and deep, while A Sei Voci’s Astree sound was rich and warm and full. Both performances were astonishingly well-sung, albeit again in totally different ways: the smaller De Labyrintho’s performance was lean and pure and cool, while the larger A Sei Voci’s performance was lush and plush and warm. Both interpretations were wholly and completely spiritual, with perhaps more sublimity in De Labyrintho’s more devotional performance and possibly more humanity in A Sei Voci’s more ritualized performance. For listeners who had heard the earlier disc, however, the choice was clear. With Josquin’ luminous counterpoint and numinous harmonies performed in both cases with such obvious love and immense commitment, the only reasonable choice was both.
James Leonard – All Music Guide – Recommended

No, let’s start by declaring that this is in every way a gorgeous performance: excellent voices
singing in tight ensemble, finding musical depths in the Missa Gaudeamus that no other consort
has probed, unraveling the rhythmic tangles of Josquin’s motets, making the whole ‘business’
sound like Music rather than either religious duty or scholarly homework.
Giordano Bruno – Amazon.com: Customers Reviews

Orlando di Lasso – Prophetiæ Sibyllarum

Disco bellissimo. Di quelli da ascoltare per farsi catturare da cose che non sono di questo mondo. O meglio, le Sibille e le loro profezie fanno ben parte della nostra cultura, hanno ispirato un’iconografia piuttosto diffusa, basti pensare all’effigie che ne fa Michelangelo in Cappella Sistina. Ma udirne il canto è un’altra cosa. Vuol dire schiudere la porta a un qualcosa di irrazionale, di misterioso, di ineffabile. Orlando di Lasso, il grande fiammingo cinquecentesco, razionalizzò la dimensione sfuggente della profezia con accorgimenti compositivi che definire fini è poco. Ma nell’ideare i sapienti ritratti, Lasso riuscì a non smarrire l’arcano senso di rivelazione che giunge da un passato remoto immenso, ancestrale. Naturalmente è questione di costrutto compositivo – per il quale consigliamo di leggere le interessanti note di copertina – ma è anche questione di interpretazione. E qui sono bravissimi i componenti dell’ensemble De labyrintho: voci incantatorie, di purezza trasparente eppure drammatiche che sanno trattenere il tempo e farlo assaporare anche nella brevità del trompe-l’oeil d’autore di cui evocano pienamente la malia, il rapimento estatatico. E meraviglioso è ciò che segue: tra cui In principio erat Verbum.
Nicoletta Sguben – A – Amadeus Disco del mese – Premio Amadeus Disco dell’Anno 2008

De labyrintho si conferma, un disco dopo l’altro, fra imigliori ensemble del momento dediti alla polifonia del Rinascimento. Il gruppo è composto da cantori vocalmente preparati e competenti, e il loro leader è un intellettuale prima ancora che un direttore di coro(…) sappiamo quanto simili casi fortunati siano rari e da seguire con attenzione. (…) Le Prophetiæ Sibyllerum sono un coacervo di complicazioni cromatiche la cui trasparenza sonora solo in questo disco appare talmente precisa (anche lo Hilliard Ensemble, nella sua versione del 1993, aveva mancato l’obiettivo).
Carlo Fiore – Classic Voice

The Renaissance specialists De labyrintho sing the motet sequence with wonderfully rich tone, relishing all the passing-note dissonances, and add equally lustrous performances of Lassus’s Magnificat Praeter Rerum Seriem, and his setting of the liturgy for Christmas morning, Officium Natalis Christi and In Principium Erat Verbum.
The Guardian

Das famose Ensemble ‚De Labyrintho’ hat unter der Leitung von Walter Testolin schon öfter überzeugt, zuletzt mit einer feinen Josquin-Platte. Auch hier wird das gemeinsame Klangideal der Vokalisten deutlich, entfaltet sich ein wirklich delikater Ensembleklang. Vor allem in der feinsinnigen Zurückhaltung liegen die Stärken der erprobten Sänger, so dass auch die zahlreichen chromatischen Wendungen des ersten Zyklus’ immer als sehr selbstverständlicher Teil wirken, nie dagegen als nach außen demonstrierte Besonderheit erscheinen – all das sicher auch ein Ergebnis der enorm stabilen Intonation.
Eingebettet in ein gut strukturiertes Klangbild verbinden sich die Register zu einem homogenen Ganzen und lassen unter der kundigen Führung Testolins die Musik von innen heraus wirken. Dieser schon bekannte, behutsame Zugriff vermeidet jede Vordergründigkeit und sichert der Musik die notwendige Aufmerksamkeit. Das durchgehend hohe interpretatorische Niveau kulminiert schließlich in der finalen Motette, deren Auffassung als vorbildlich gelten kann – Orlando di Lasso findet in der vorliegenden Aufnahme sehr gute Anwälte seiner Musik, die, auf diese überzeugende Weise wiederbelebt, noch lange Zeiten überstehen wird.
Klassik.com

Carlo Gesualdo – Responsoria

In lodevole controtendenza, l’ensemble De labyrintho ama distillare nel tempo la propria produzione discografica. Diversamente da altri, non cede alla massiccia e continua presenza sul mercato discografico, ma solamente alla qualità del risultato finale, al pensiero interpretativo della musica, alla massima ragione musicale e al senso che dovrebbe sempre accompagnare una nuova proposta discografica. Una maniera di lavorare che ha portato Testolin a firmare dischi di assoluto riferimento nel repertorio del XV e XVI secolo. A questi si aggiunge ora un ugualmente importante registrazione dedicata ai Responsori del Sabato Santo di Carlo Gesualdo. Questo disco ora trova la sua giusta collocazione tra i suoi eminenti precedenti discografici – Hilliard ensemble, Philippe Herreweghe e Peter Philips – con la sua forte identità interpretativa, nella quale Testolin esplora nella sua profondità la relazione simbiotica musicale- testuale dei responsori, scardina il testo dalla sua rigidità liturgica, rendendolo vibrante, sofferto, umano, disperatamente autobiografico. Musica di una bellezza crudele, come la definisce Testolin, qui interpolata dalle taglienti e quasi sciamaniche Antifone per viola da gamba composte ed eseguite da Vittorio Ghielmi.
Massimo Rolando Zegna – Amadeus, Disco del Mese

Trascendente il contrappunto di Carlo Gesualdo, trascendente l’impegno di De labyrintho nel restituire i Responsori cantando ogni singola frase con la più profonda aderenza non solo alle singolarità della scrittura ma anche ai singoli significati delle parole, in una sequenza di “madrigalismi” che proiettano il contrappunto in una dimensione che ondeggia tra umanesimo e trascendenza che le alternative discografiche a malapena riescono a cogliere.
Carlo Fiore – 5 Stelle Classic Voice

Le tredici voci di un meravigliosamente armonioso ensemble italiano, il sublime repertorio dei Responsori composti dal principe di Venosa per la Settimana Santa. Musica che trascende i significati liturgici, nella sua imprevedibilità ritmica e armonica, un senso estremamente sofferto della condizione umana, musica piena di ombre e di pietà.
Enrico Girardi – Il Corriere della Sera

In Gesualdo Testolin vede lo stesso affondare nel buio, la stessa suprema audacia di combinazioni, la stessa bellezza crudele tinta di riferimenti autobiografici che si trova in Caravaggio. Musica che sembra emergere dalle ombre della morte.
Claudio Strinati – Il Venerdì di Repubblica

El conjunto vocal De labyrintho que dirige el bajo Walter Testolin, ofrece una espeluznantemente emotiva lectura de los Responsorios de Sàbado Santo de Carlo Gesualdo, que queda ademàs reforzada por las antìfonas que toca a la viola Vittorio Ghielmi con la intensidad y la fuerza expresiva habituales. El lenguaje audaz y agresivo del compositor napolitano queda admirablemente atrapado en una interpretaciòn afilada, intensa, directa, que presenta disonancias y contrastes de texturas de forma desnuda, àcida y descarnada.
El diario de Sevilla

The excellent Italian group De Labyrintho sings Gesualdo warm and compassionate with perfect intonation and great sound. Instead of the dolorous, moody monotony (not monody) which can either seem darkly beautiful or send you into flights of depression, this recording of some of the murderous composer’s “Responsoria” are illuminated by occasional gamba contributions from the great Vittorio Ghielmi.
The brief but illuminating essay by Walter Testolin is one of the most beautifully written in many years. The recording, which was made in the Church of Maria and Zenone in Zugliano, northwest of Venice, is of audiophile quality, with solo and multiple voices hinting at analogue quality beneath the digital sampling, the gambist Ghielmi producing bowed and plucked sounds that are almost tangible. Great at low volumes, and really amazing played full out if you’ve got the right equipment.
Laurence Vittes – Audiophile Audition

IMAGO – Virgilio nella Musica del Rinascimento

Walter Testolin et la musicologue Paola Besutti on bâti un programme original et ambitieux autour de la figure tutélaire de l’humanisme: Virgile. Cette nouvelle anthologie est admirablement servie par une formation vocale aux voix homogènes et à l’intonation impeccable, cultivant la plus parfaite intelligibilité, tant du texte que de la polyphonie. Le Tytire tu patulae de Lassus ouvre première partie du programme. Le chef y crée un contrats inattendu, entre la prima pars, en stricte déclamation homorythique a cappella, et la secunda pars, où l’univers des Bucoliques semble inopinément s’incarner dans les diminutions volubiles d’une flûteà bec agreste, au-dessus d’un choeur transiguré par le cantus aérien d’Alessandro Carmignani. A ce joyau de poésie idyllique succède de l’epopée de L’Enéide. Elle a inspiré à Josquin l’etonnant Fama malum: son contrepoint erratique et sa conclusion énigmatique sont soulignés par des voix masculines à la fois profonde et lumineuses. La seconde partie du programme se concentre sur le “Chant de Didon”. Empruntant à divers auteurs (Josquin, Arcadelt, Rore, Willaert, Orto, Lassus), Walter Testolin construit un véritable “cycle dramatique”. Il alterne judicieusement les polyphonies a cappella pour les épisodes narratifs, et une préfiguration de monodie accompagnée pour les monologues de la reine de Carthage. Une des sopranos, au chant limpide, se détache alors du choeur, tandis que le reste de la polyphonie revient aux violes. Les vers passionés de Virgile invitaient son héroïne à rejondre le théâtre ; ces compositions madrigalesques l’ont inéluctablementvouée à l’opéra.
Dennis Morrier – Diapason – 5 Diapason

Disco da ascoltare con l’Eneide sotto gli occhi, con un De labyrintho che a tratti conquista la nobiltà di un coro tragico.
Massimo Rolando Zegna – Amadeus 5 Stelle

La lettura di Testolin, sia per impostazione storica, sia per aderenza di eloquio, risulta particolarmente grata al pubblico italofono perché legge questi brani non pensando né alla chanson né al motetto bensì al madrigale, genere che di lì a pochi anni sarebbe nato nella medesima temperie classicista.
Carlo Fiore – Classic Voice

L’esecuzione affidata all’ensemble De labyrintho, diretto da Walter Testolin, è semplicemente straordinaria dal punto di vista vocale, con un approccio interpretativo che fa risaltare al meglio un universo sonoro dominato da un contrappunto capace di trasmettere il messaggio testuale grazie al frequente ricorso di passaggi in stile declamatorio-accordale.
Franco Bruni – Tunes

Programm herrlicher Stücke der größten Meister, die sich im Rahmen ihrer Möglichkeiten mit Vergils Texten auseinandergesetzt haben. Zu erkennen, wie tiefgründig diese Auseinandersetzung ist, erfordert intensive Beschäftigung mit Text und Musik. Es lohnt sich, inspiriert durch die kompetente Wiedergabe an dieser Stelle tiefer einzusteigen und die Musik mit dem Beiheft in der Hand zu hören.
Michael Wersin – Rondo Magazine

Walter Testolin, aus vielen Produktionen als beeindruckender Bassist bekannt, im eigenen Ensemble aber lediglich dirigierend aktiv, hat De Labyrintho zu einer versierten Formation herangebildet, mit hörbar großer Erfahrung im Renaissance-Repertoire. Das Klangideal ist prägnant: hell, auf der Basis charakteristischer Einzelstimmen, sehr deutlich zu erleben beim Altus Alessandro Carmignani oder dem Bass Marco Scavazza, mit perfekt kontrollierter Kraft und einer gewissen Süße, einem melancholisch-sehnenden Zug, wenn diese zweifellos wenig präzise Formulierung gestattet ist.
Eine gehaltvolle Platte, deren Programm unterstreicht, wie intensiv die Renaissance aus dem Altertum inspiriert war, über eineinhalb Jahrtausende hinweg. Darüber hinaus ein feines Ensemble-Porträt von De Labyrintho.
Klassik.com

Josquin Desprez – In Principio

Parmi la floraison de parutions dédiées à Josquin Desprez pour le cinquième centenaire de sa mort, la contribution de l’ensemble italien De labyrintho vaut être signalée. Conçue comme une anthologie de motet dediés notamment au récit de la vie du Christ, elle donne tout sa place aux trousses rhétoriques du maître, réunissant les deux mises en musique complétas des généalogie du Christ réalisèes par le compositeur: Liber generationis Jesu Christi et Factum est autem. Les phrasés souples, la diction soignée des chanteurs assurent la lisibilité du contrepoint.
5 diapason – Diapason

Se Josquin fosse Beethoven, i melomani si accapiglierebbero sul preferire il mottetto Praeter reum seriem diretto da Paolo Da Col oppure da Walter Testolin, come altri fanno con la Settima di Beethoven diretta da Carlos Kleiber anziché da Sergiu Celibidache. Ma Josquin, nonostante abbia scritto musica di qualità sommitale ed esercitato influenza fortissima su tutta la musica successiva, non è (ancora) un fenomeno di comparabile popolarità vuoi per il passato remoto al quale appartiene (i decenni tra Quattro e Cinquecento, già “occupati” dallo splendore figurativo prodotto in quell’epoca), vuoi per la scrittura complessa e l’organico polifonico-vocale che lo rendono adatto ad ascolti rivolti alla concentrazione e alla riservatezza più che allo spettacolo della musica vissuto collettivamente. Ancora: se Beethoven250 non ha granché cambiato le carte in tavola, il cinquecentenario dalla morte di Josquin (1521-2021) ha convinto più dell’usato a pubblicare qualche nuovo disco, come nel caso di queste due antologie concentrate l’una (da cui il nome “Giosquino”) sulla produzione italiana del musico, l’altro un’antologia di mottetti cristologici e mariani. Entrambi i direttori e gli ensemble non sono nuovi al repertorio che, anzi, praticano con assiduità tanto concertistica quanto discografica, cercando di volta in volta chiavi di lettura autenticamente interpretative e non rivolte soltanto all’estasi e alla compilazione (vedi le recenti integrali delle messe ad opera del francese Ensemble Métamorphoses, del giapponese Vocal Ensemble Cappella e degli algidi quanto celeberrimi Tallis Scholars). Da Col incornicia la Missa Hercules Dux Ferrariae in una silloge i mottetti (Praeter reum seriem, O Virgo prudentissima e altri) che possono già vantare una discografia cospicua; Testolin invece alterna titoli relativamente “celebri” (il già citato Praeter, e Missus est Gabriel ad altri (Liber Generationis, In principio erat Verbum ecc.) meno frequentati. Non sono quindi dischi da considerarsi reciprocamente alternativi bensì complementari, intanto per il repertorio che riproducono, poi per la prospettiva nella quale lo proiettano: immanente (Odhecaton) in un caso, trascendente (De Labyrintho) nell’altro. Le differenze stanno nella ricerca timbrica che da decenni i due direttori compiono, volta nell’uno a scrutare la figura di Josquin nella musica che ce ne resta, nell’altro a perlustrare quell’epoca e quel repertorio usando Josquin come guida e altimetro. In entrambi i casi convince, oltre alla polifonia in se stessa, anche la fiducia con la quale questa viene restituita, lasciando ad altri più controversi tentativi (vedi l’altrettanto recente album Josquin the Undead: “Josquin l’uomo morto”, dei Graindelavoix) la possibilità di terze vie, per quanto scoscese.
Carlo Fiore – Classic Voice

L’antropocentrismo manifestatosi dapprima nell’Umanesimo e poi nel Rinascimento non volle porre l’uomo al centro dell’universo, ossia con l’obiettivo di sostituirsi a Dio, quanto con quello di imitarlo nel relazionarsi con le cose e la realtà che lo circondavano, vale a dire imitare (e da qui si comprende meglio la rivalutazione di un pensatore come Platone avvenuta proprio in quell’epoca) per capire. Questo processo di imitazione, con l’uomo che cercò di scoprire l’oggetto intorno a sé, predilesse determinati strumenti di approccio e di comunicazione, a cominciare da quello della simbologia, così fittamente impiegato nell’arte pittorica del tempo. Ma l’uso dell’allegoria, del dire-una-cosa-con-altro-da-sé non appartenne solo alla pittura, ma anche al mondo dei suoni, impiegando la musica, quasi esclusivamente rappresentata dalla voce, soprattutto nelle sue manifestazioni più colte, appartenenti alla sfera della musica sacra, per offrire all’ascoltatore elementi di disvelamento, in cui l’applicazione armonica del linguaggio musicale poteva subire improvvise mutazioni stilistiche in concomitanza di determinati passaggi del testo che veniva cantato. Mutare per disoccultare, quindi, cambiare repentinamente un tessuto sonoro per manifestare un altro-da-ciò-che-era-prima.
Da queste poche note si può dunque arguire come la bellezza, la profondità, l’unicità della musica rinascimentale si delineino anche attraverso una duplice lettura che si può fare di essa, basata su quella che si può arditamente definire una sorta di sincronicità ermeneutica, formata quindi da una duplice linea, quella evidenziata in superficie, resa fisicamente dal susseguirsi dei suoni, e quella celata, occultata metafisicamente tra i suoni. Ciò permise ai compositori dell’epoca di dare vita ad autentiche “cattedrali sonore”, in cui le zone di luce (la fisica dei suoni) formarono inevitabilmente delle zone di penombra o di ombra (la metafisica tra i suoni) in un continuo gioco tra “apparenza” e “comprensione” in guisa di “verità”.
E nessuno, per ciò che riguarda l’edificazione di questa “sincronicità ermeneutica”, fu in grado di esaltarla come colui che viene considerato giustamente il più grande musicista nella fase di passaggio tra il XV e il XVI secolo, vale a dire Josquin Desprez, il quale, come argutamente sentenziò Martin Lutero, fu l’unico a plasmare le note, essendone il padrone, e non nell’esserne padroneggiato, come accadde invece ai musicisti coevi. Per capire come Desprez riuscì a plasmare le sue creazioni musicali arriva a tale proposito una novità discografica, intitolata In principio – De nativitate Jesu Christi, prodotta e distribuita dalla Baryton, che vede l’ensemble De labyrintho, diretto da Walter Testolin presentare undici mottetti del grande compositore franco-fiammingo. Una scelta mirata, quella dell’ensemble specializzato in musica antica e più specificamente proprio del repertorio di Desprez, visto che prende in considerazione mottetti basati su testi biblici e di devozione, tutti concernenti la stirpe di Cristo, alcuni momenti della vita della Vergine Maria, la nascita di Gesù e i suoi primi anni di vita. Per la precisione, i brani sono Liber generationis Jesu Christi, Missus est Gabriel angelus, O Virgo virginum, In principio erat Verbum, la celeberrima sequenza natalizia Praeter rerum seriem, O admirabile commercium, Quando natus est, Rubum quem viderat Moyses, Germinavit radix Jesse, Ecce Maria genuit e Factum est autem.
Per comprendere (nel senso rinascimentale del termine, come si è accennato all’inizio) il pieno significato di questi capolavori polifonici (tutti i mottetti, tranne O Virgo virginum e Praeter rerum seriem, sono a quattro voci), soprattutto per coloro che non conoscono la visione artistica e spirituale del compositore franco-fiammingo, è imprescindibile la lettura delle dotte note introduttive scritte per l’occasione da Willem Elders, ossia da colui che può essere considerato il massimo studioso vivente dell’opera di Desprez (il suo saggio Josquin des Prez and His Musical Legacy è un’autentica miniera che mette a fuoco il musicista, situandolo mirabilmente nel suo tempo, testo che naturalmente non è stato ancora tradotto in italiano). Nel booklet il musicologo olandese spiega l’architettura di questi mottetti e indica con lucida precisione quei passaggi nei quali Desprez inserì genialmente quei minimi cambiamenti, quelle mutazioni armoniche per disvelare l’arcana importanza di quei momenti in cui il suono si associa a innegabili simbolismi che, a loro volta, aprono la porta a potenti illuminazioni spirituali ed escatologiche. Tanto per fare qualche esempio, Elders fa notare giustamente come Desprez, oltre ad essere stato il più grande musicista della sua epoca, fu anche un raffinato esegeta, profondo conoscitore delle sacre scritture, in grado di instillare spunti teologici nelle sue opere, anticipando di fatto quanto farà in seguito Bach: così, nel mottetto In principio erat Verbum, incipit del Vangelo di Giovanni, suddiviso in tre parti, con la seconda spropositatamente più lunga e articolata rispetto alle altre due, il princeps musicorum fa in modo di esaltare il testo evangelico attraverso delle ardite scelte armoniche. Il significato teologico del Verbo, da intendere anche nel suo lato oscuro, ossia di “peccato”, viene circoscritto da Desprez nel quinto verso Omnia per ipsum facta sunt mediante l’utilizzo di una terza discendente (!) ribadita per undici volte (!!), come a voler portare luce nelle tenebre, una luce che non serve però per redimere, per purificare e mondare, ma solo per evidenziare, ammettendo di fatto l’esistenza del peccato stesso, ossia dell’elemento senza il quale l’uomo non può salvarsi. Inoltre, nel mottetto O admirabile commercium, Desprez all’inizio usa un passaggio di cinque note su terze discendenti, focalizzate sull’esclamazione “O”, cui segue una melodia di quattrodici note, alternate da sonorità maggiori e minori, la cui funzione può essere quella di simboleggiare la duplice natura del Cristo, quella divina che si concretizza in quella umana, in un continuo oscillare.
Ecco come nel Rinascimento la musica, allo stesso modo dell’arte pittorica, tende a insegnare, a far conoscere, utilizzando, nel suo grado più elevato, l’espressione artistica per “illuminare” coloro che osservano e che ascoltano attraverso una simbologia che ha una duplice funzione: da una parte far apprendere, ma dall’altra riservata solo a coloro che possono vantare quei determinati meccanismi decostruttivi atti a dipanare l’apparenza dall’essenza. In fondo, buona parte della musica di Desprez è un meraviglioso setaccio attraverso il quale il mondo dei suoni permette di percorrere sentieri che sono altrettanti strumenti di conoscenza, una conoscenza che può essere intesa sia in chiave neoplatonica, pur senza entrare in aperto contrasto con l’aristotelismo abbracciato dalla Chiesa, sia come vera e propria “fonte di illuminazione” per giungere al cuore delle sacre scritture.
Quando oggi uno o più interpreti affrontano la lettura di una composizione medievale o rinascimentale, devono tenere ben conto di un imprescindibile stereotipo che potremmo definire “immaginativo”, che per l’uomo contemporaneo può risultare alquanto difficile, ma che fu radicato nella cultura di quelle epoche, ossia che esistesse l’idea “conoscitiva” di una musica degli angeli, alla quale ogni musica concepita dagli uomini, soprattutto quella riservata all’ambito del culto, avrebbe dovuto sempre conformarsi. Di conseguenza, tutta la musica di cui oggi noi abbiamo una documentazione scritta, partendo dall’epoca carolingia fino al Cinquecento (quindi, il canto gregoriano e la polifonia), fu creata e recepita all’interno dell’orizzonte estetico di questa concezione, sulla quale in quegli stessi secoli venne consolidandosi il fondamentale impianto della teoria musicale, al punto che anche i rari casi di opere musicali prodotte fuori dal contesto liturgico, dunque rientranti nella musica profana, soggiacciono alla medesima concezione, in quanto qualsiasi forma di musica colta fu creata con gli stessi mezzi espressivi e con le medesime tecniche compositive della musica sacra.
Ed è ciò che dimostrano i componenti dell’ensemble De labyrintho, i quali hanno approcciato e reso questi mottetti di Desprez con tale spirito, permettendo all’ascoltatore di poter “immaginare”, senza poter naturalmente conoscere (ossia senza poter pre-comprendere, come ci ricorda giustamente Gadamer in un celebre passaggio di Metodo e verità), la voce umana che cerca di raggiungere quella degli angeli: significa, quindi, che chi canta, come appunto hanno fatto i membri dell’ensemble in questione, nel momento stesso in cui esprime il suo canto, deve anche saper immaginare il suono che esprime. E ciò vuol dire cantare prima di tutto con l’anima, per poi svolgere il suo ruolo ermeneutico, “fisico”; solo in questo modo l’ascoltatore consapevole, non distratto, “attivo”, può essere coinvolto in questa dimensione “immaginativa” della musica, e ciò vale non solo per quella di Desprez.
Da ciò, la lettura fatta dai componenti dell’ensemble De labyrintho, diretti idealmente da Walter Testolin, rappresenta un esempio di come tale musica può essere immaginata, non solo in sede di esecuzione, ma anche e soprattutto di pre-esecuzione, ossia la ricerca di immaginare un canto che oggi può essere reso solo in tal guisa, non avendo la possibilità di una reale preconoscenza di ciò che dev’essere storicamente reso. Voci, quindi, capaci di sorgere dal nulla, materia sonora in grado di manifestarsi dapprima da quelle intangibili sfere celesti in cui il silenzio è il suono primigenio, per poi concretizzarsi, trasformarsi in materia impalpabile, dando modo al canto stesso di essere respiro, vero e proprio πνεῦμα, nel senso dato dal pensiero greco, un “soffio vitale” che trasmette profondità, vertigini abissali nelle quali specchiarsi. Per spiriti che sanno ascoltare.
La presa del suono, effettuata da Marco Taio nella Chiesa di Santa Maria e San Zenone a Zugliano, in provincia di Vicenza, ha il pregio di trasmettere fisicamente la dimensione ieratica del canto; la dinamica vanta una grande energia e una gradevolissima naturalezza, capace di escludere indebite enfasi o colori vocali del tutto inappropriati. Da qui un palcoscenico sonoro che ricostruisce in profondità e in altezza la massa corale delle voci, con una notevolissima concretezza fisica degli interpreti calati idealmente nello spazio fisico dell’evento; l’equilibrio tonale riesce ad essere sempre rispettoso dei registri grave e acuto, con un pregevole scontorno dei timbri, per cui le voci possono essere facilmente individuate. Infine, il dettaglio è intriso di matericità, restituendo non solo la voce in sé, ma anche la presenza materica degli interpreti grazie al tantissimo nero che li circonda, il che permette sempre un’ottima messa a fuoco non solo dei cantanti, ma anche dell’ambiente nel quale è avvenuta la cattura del suono.
Andrea Bedetti – MusicVoice